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Quattro mura, un numero variabile di panchine nella maggior parte delle volte scomode o fredde, 6 docce, un asciugacapelli (se Dio è di buon umore con noi) e degli appendini.
Se pensavate che i luoghi più inesplorati della Terra fossero in qualche landa desolata di qualsivoglia continente vi sbagliate.

Ogni centro sportivo possiede almeno due spogliatoi.

Luogo che privato della sua essenza, calciatori, dirigenti, allenatori e arbitri diventa una comunissima stanza contenente solamente gli oggetti d’arredamento prima descritti, ma che con la congiunzione astrale di tutte quelle persone diventa un luogo speciale, inspiegabile per chi non ha mai giocato a calcio.

Luogo dove sono nate le più grandi imprese e maturate le più triste disfatte. Luogo di confronto, scherzi e perché no litigi. Luogo che gode di un’extraterritorialità incredibile, luogo fuori dal mondo e dalle comuni regole del quieto vivere. Luogo che non si sbaglierebbe a definire “il luogo del calcio”.

Visto da fuori sembra una stanza come le altre dove i giocatori si cambiano, discutono e  infine si lavano ad allenamento/partita conclusa.

Invece non è così.

Proverò a spiegarvelo, cercando di essere il più esaustivo e conciso possibile.

Ci si ritrova tutti all’orario di convocazione all’interno dello spogliatoio. Tutti SEMPRE nello stesso posto che ci si sceglie all’inizio dell’anno in preparazione. S’inizia parlando del più o del meno, della serata, del giorno prima o della partita del turno precedente o perché no di quello che si è fatto in settimana. Poi scatta il segnale quando il Mister  dice: “Cominciatevi a preparare”. Di colpo si passa dal cazzeggio alla sacralità più assoluta e ad un silenzio che da certi elementi non ti aspetteresti proprio. Ognuno ha il suo rituale, chi mette prima i parastinchi, chi i pantaloncini oppure chi non li mette proprio e aspetta in mutande fino all’ultimo. Questa operazione ha una durata di circa 10 minuti, nei quali il giocatore che pensa ma non ha ancora la certezza della formazione, deve trovare la concentrazione adatta alla partita e allo sforzo fisico che lo aspetterà.

Poi arriva il momento più sacro: il fatidico momento nel quale il Mister ti può premiare o affossare semplicemente dicendo oppure no il tuo nome, il momento dell’annuncio della formazione.

Beh, li i tuoi sforzi vengono ricompensati oppure vanificati, li guardi la persona che hai di fronte e vedi i suoi occhi riempirsi d’orgoglio se deve giocare, oppure fissare il pavimento se relegato in panchina, li dai una pacca sulla coscia a quello che hai vicino e che magari non giocando così spesso si sente un po’ spaesato nel sentire il suo nome nella lista dei titolari, quella pacca vale più di mille parole.

Appena finita la lettura degli 11 titolari e delle consegne su situazioni predefinite (calci d’angolo, punizioni contro o a favore) rimangono altri 5-10 minuti nei quali i titolari entrano ancora di più in tensione, mentre le riserve escono da questo momento sacro con espressioni differenti.

Esci e fai riscaldamento, torni nello spogliatoio, ti cambi, metti la divisa ufficiale, rileggi il foglio delle consegne (anche se ormai lo sai a memoria) e ti metti in fila indiana, arriva l’arbitro. Momento della chiama. Si cerca di fare bella figura con il massimo della gentilezza di fronte al direttore di gara, salvo poi insultarlo in tutti i modi sull’aspetto fisico e sul modo, inevitabile, in cui ha storpiato alcuni cognomi.
In quel momento 11 persone sono sole, poi si sente bussare alla porta, si esce, si gioca. Tornerai in questo luogo magico all’intervallo, incazzato se stai perdendo, felice se stai vincendo, sicuro che anche sul 12 a 0 il tuo mister ti dirà di non abbassare la guardia e di continuare a giocare al massimo. Parole al vento molto spesso.

Il momento migliore, avviandomi fortunatamente per voi alla fine, è il rientro a fine gara.

L’emozioni vengono spalmate, magari ci si è insultati in campo per un errore, ma poi tutto finisce nel rettangolo erboso, nello spogliatoio se un compagno è in difficoltà lo si aiuta, sparando anche una miriade di cazzate se c’è  bisogno (Ma va! Mica è colpa tua, in campo si vince e si perde in 11! è una delle frasi più abusate). Si beve il thè, che chissà come mai a casa non è mai così buono, si ride e si scherza, si preparano scherzi degni del miglior Pierino, oppure se si è persa una partita importante si fa mente comune e i toni sono molto bassi.

Tutte queste cose in una semplice stanza, apparentemente vuota e insignificante come molte altre…
Per evitare di dilungarmi troppo, anche se l’ho già fatto rispetto ai miei standard, lascio ai commenti eventuali aggiunte magari su vostri suggerimenti..

Non penso che cambi molto l’atmosfera, con le dovute proporzioni di tensione pre-partita, tra una partita con gli amici e una partita di campionato..

Ditemi la vostra….