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Abbiamo finalmente giocato un girone. Lo abbiamo fatto in modo anomalo poiché del Siena per questo campionato ce ne siamo già liberati mentre la Fiorentina dobbiamo ancora affrontarla, il rinvio di comodo di quel sabato di dicembre è noto a tutti voi. E’ giunto dunque il momento di analizzare l’evoluzione del Milan, i motivi tecnico-tattici (cit.) che ne hanno fatta l’unica rivale in grado di provare a debellare la fastidiosa egemonia nerazzurra al di là di ogni più rosea ed ottimistica attesa.

Seguitemi. Vi avverto che analizzerò solo la Serie A e non la Champions League. Possiamo pressappoco suddividere il nostro campionato fin qui in cinque parti che corrispondono ad altrettanti modi di giocare utilizzati: 1) il 4-3-3 di Siena-Milan e Milan-Inter; 2) il 4-3-1-2 ed annesse varianti da Livorno-Milan a Milan-Bari; 3) il 4-4-2 di Atalanta-Milan e Milan-Roma primo tempo; 4) il 4-2-1-3 da Milan-Roma secondo tempo fino a Milan-Palermo; 5) il 4-3-3 diverso da quello iniziale – spiegherò poi perché – delle ultime tre partite quindi Milan-Genoa, Juventus-Milan e Milan-Siena.

Prendiamo in esame il 4-3-3 delle prime due giornate di campionato, vittoria a Siena e mega-scoppola nel derby. E’ un 4-3-3 mascherato ed impuro. Ronaldinho in fase di non possesso parte leggermente più indietro degli altri due attaccanti che stanno larghi, Borriello un po’ a destra e Pato un po’ a sinistra. E’ il periodo, durerà poco, in cui Berlusconi si vanterà di aver trovato la posizione giusta per il Gaucho che così centrale potrà rendere meglio secondo lui, si rivelerà una cazzata gigantesca, questa. Borriello si trova troppo spesso a fare il tornante e non riesce a dare peso in area anche per gli eventuali inserimenti della mezzala di turno. I terzini sono gli stessi della passata stagione – cioè Zambrotta e Jankulovski – e faticano non poco a dare profondità alla manovra garantendo le sovrapposizioni agli attaccanti esterni. Il ceco poi confermerà di essere disastroso in fase difensiva esibendosi nei consueti errori nel marcamento, nella presa di posizione e conseguentemente nelle diagonali. In più la squadra volutamente corta, grazie alla presenza di Nesta e Thiago Silva invece che di Maldini e Favalli, richiederebbe due terzini in grado di essere sempre in movimento per non perdere e non appesantire il moto compatto in avanti ed indietro dei compagni, secondo la posizione della palla. Il risultato è che i due si trovano spompati dopo una ventina di minuti o giù di lì e se c’è il Siena è un conto, se c’è l’Inter è un altro. Infatti ce ne accorgeremo.

Nella seconda fase che comprende Livorno-Milan, Milan-Bologna, Udinese-Milan e Milan-Bari, vedremo il peggior Milan della stagione. Capaci di una sola rete in quattro incontri assisteremo ad un remake da film horror dello schema ancelottiano della passata stagione. E’ il momento in cui buona parte di noi, me compreso inizia a dubitare della capacità di Leonardo di imporre le sue idee giacché qui per paura e timore lascia la squadra in autogestione, forse consigliato male dal suo secondo Tassotti. Il 4-3-1-2 con Seedorf e Ronaldinho ad alternarsi come trequartisti ed Huntelaar punta centrale – tranne a Udine dove parte Inzaghi – non rende. Vediamo anche cose decenti come in Milan-Bologna per esempio ma la squadra sembra priva di convinzione, sicurezza nei propri mezzi, organizzazione di gioco e soprattutto d’identità. Queste cose vengono prima ancora del sistema di gioco prescelto ed è compito dell’allenatore trasmetterle. E’ evidente come la disfatta nel derby si sia fatta sentire. E’ evidente come Leonardo non senta suo questo modo di giocare ma che l’abbia scelto per limitare i danni ed in qualche modo assumersi meno responsabilità andando d’inerzia col pilota automatico. E’ evidente che il Milan stia rendendo di sotto alle sue possibilità. Tre ulteriori cose da far notare di questa fase sono: l’assenza di Borriello per tutto il filotto, quella di Thiago Silva eccetto che a Livorno e l’esordio di Abate da terzino destro in Milan-Bologna. Tutti questi elementi si riveleranno importanti per capire l’evoluzione positiva successiva della squadra. Ah, dello schema ancelottiano non sto a parlarvi anche perché credo vi abbia già nauseato abbastanza nelle recenti stagioni. Con Milan-Bari si chiude un capitolo.

Veniamo al breve interregno del 4-4-2, lo spazio di tre tempi scarsi, per fortuna. Preso dalla disperazione per l’incapacità del Milan di segnare il buon Leo punta su un sistema di gioco in cui invece di “solo” due esterni bravi ce ne vogliono quattro. Facciamo già fatica a metterne due di decenti, figuriamoci quattro! E’ così che a Bergamo iniziamo con un assurdo e inguardabile centrocampo a quattro che prevede Flamini ala destra e Seedorf ala sinistra. Il tentativo palese era quello di portare rifornimenti allo spaesato Huntelaar dando la preferenza per il gioco sulle fasce ma è evidente che né l’uno né l’altro siano esterni da 4-4-2. Possono adattarsi per carità ma il francese non ha la tecnica individuale che gli permetta di saltare l’uomo per andare al cross dal fondo mentre il 34enne olandese non ha più il passo e la dinamicità per sacrificarsi in un ruolo dove comunque in passato più di qualche buona partita l’aveva fatta. La squadra poi cercherà di restare corta alzando la linea di difesa ma la congenita assenza di una reale alternativa a Thiago Silva ci renderà vulnerabili nelle ripartenze come il gol bergamasco del vantaggio dimostrerà. In attacco Pato sta troppo lontano da Huntelaar, non dialogano quasi mai ed al Papero non resta che il famoso gioco del “da solo contro tutti”. Finirà murato più spesso di quante le sue doti non dovrebbero consentire. La pareggerà Ronaldinho forse salvando la panchina di Leo. Non è finita qui. Non contento di questo spettacolo indecente Leo si affiderà ancora al 4-4-2 alla ripresa del campionato nel primo tempo di Milan-Roma con una decisione ancor più sorprendente: Pato e Ronaldinho di punta. Assurdo puntare al gioco sulle fasce senza una vera prima punta. Quel primo tempo sarà sicuramente il punto più basso della sua gestione.

Siamo finalmente al 4-2-1-3 che sarà il nostro sistema di gioco dal secondo tempo di Milan-Roma fino a Milan-Palermo. Nove partite con sette vittorie, un pareggio ed una sola sconfitta. Qui Leonardo decide finalmente di giocarsi le sue carte imponendo le sue idee ma soprattutto convincendo il gruppo della bontà di questa imposizione. Era l’ultimo jolly che poteva calare dal mazzo. Sprofondare sì ma almeno di testa sua. Non sprofonderà ma, anzi contro ogni previsione risorgerà con quel sistema di gioco alla Brasile ’82 che aveva abbandonato alla seconda amichevole forse convinto che senza gli acquisti promessi non sarebbe stato possibile attuarlo con questo Milan. E’ una squadra diversissima nella gestione delle proprie risorse. Oserei dire imprevedibile. Tendenzialmente la difesa a quattro resta bassa con i due terzini che attendono l’avversario, i due davanti alla retroguardia che sono uno regista e l’altro mediano si avventurano raramente nella metà campo avversaria, i due attaccanti esterni stanno larghissimi e tornano poco mentre la punta centrale fa il centravanti-boa classico. Inutile dire che risulterà decisivo ed indispensabile il recupero di Borriello, titolare fisso da Milan-Parma fino al Milan-Siena di domenica scorsa. Troppo importante il suo lavoro nel tenere palla, nell’essere il primo a tagliare dietro ai difensori, nel fungere da pivot alto smistando il gioco per le ali che tagliano, nel dare profondità. Non è un caso se con lui il Milan riprende a segnare con continuità. Ronaldinho e Pato, i due attaccanti esterni, interpretano il ruolo in maniera diversa essendo evidentemente dotati di qualità differenti. Il Gaucho diventa un regista laterale che sulla nostra trequarti sinistra d’attacco pennella per i tagli di Borriello sul primo palo e di Pato sul secondo ovvero serve il napoletano quando egli riesce a liberarsi in mezzo dopo aver vinto le sportellate con i difensori centrali avversari. Manca ancora dello spunto decisivo nell’uno contro uno ma risulta un assist-man infallibile. Il Papero invece esegue tutti i movimenti di un attaccante esterno: taglio ad entrare in area di rigore, scatto a dettare la profondità, taglio a ricevere andando al tiro dal limite dell’area di rigore vertice destro nostro ed infine viene incontro al regista portatore di palla per poi servire la punta centrale chiedendo la triangolazione. Semplicemente perfetto. Di questo periodo vanno segnalati: il ritorno di Ambrosini ad una condizione stratosferica, è lui che permette al 4-2-1-3 di reggere; la grande abnegazione e predisposizione al sacrificio di Seedorf, cose cui non eravamo più abituati; un Antonini che comincia ad essere utilizzato titolare con frequenza mostrando mano a mano maggiori sicurezza e padronanza del ruolo.

Eccoci al quinto e ultimo periodo. Quello delle tre vittoriose partite del 2010: Milan-Genoa, Juventus-Milan e Milan-Siena. Torna Beckham, recupera Gattuso mentre Pato e Seedorf sono out. Leo opta per il 4-3-3. E’ un 4-3-3 vero? Puro? In parte. Questo sistema di gioco scatena Ronaldinho come uomo-gol perché lo lascia completamente libero di fare quello che vuole grazie ad il lavoro incredibile di Beckham sulla fascia destra. L’inglese fa passare il 4-3-3 ad un 4-4-2 ripiegando costantemente in fase di non possesso, una volta recuperata palla è pronto ad avanzare per dare profondità sulla destra, se Abate (ormai diventato titolare fisso) si sovrappone lui si blocca restando in posizione da terzino. Ovviamente non taglia in area di rigore, per questo Ronaldinho deve stare più vicino a Borriello per non far perdere alla squadra peso specifico all’interno dell’area avversaria. Il Gaucho appare brillante nell’uno contro uno, cosa fondamentale perché di fatto si trova spesso a fare la seconda punta che parte sempre da sinistra. Pirlo, non brillante ma meglio che in altri sistemi di gioco, si trova ora in linea coi due mediani, ora vertice basso, ora vertice alto. Possiamo quindi concludere dicendo che questa è la disposizione che ci rende più indecifrabili anche durante la gara: partiamo col 4-3-3, difendiamo col 4-4-2, magari attacchiamo col 4-2-1-3 che però delle volte è 4-2-3-1 con Ronaldinho e Beckham sulla linea di Pirlo. Beckham ci porta questo ma ci rende anche dipendenti forse troppo da Ronaldinho. La sensazione è che si possa andare in difficoltà una volta trovate le contromisure a lui con una squadra avversaria corta che non gli lascia spazio ed un terzino aggressivo che non lo fa girare dopo il primo controllo. Per questo a Pato non rinuncio mai se sta bene. E’ meno prevedibile del connazionale proprio perché in grado di effettuare tutti i movimenti che dicevo prima e per questo non vuole solo la palla sui piedi. La migliore formazione per affrontare l'Inter sarebbe dunque: Dida; Abate, Nesta, T.Silva, Antonini; Beckham, Pirlo, Ambrosini; Pato, Borriello, Ronaldinho. Un mix perfetto fra i due 4-3-3 visti fin qui.