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È un post difficile questo perché gli argomenti da affrontare sarebbero moltissimi e non ho voglia di tediarvi, so che non sopportate quando divento chilometrico, purtroppo lo sarò. L’estate comunque sarà lunga e credo piuttosto piatta per cui non temo proprio di correre il rischio di saltare qualcuno fra quei temi che più mi stanno a cuore. Cominciamo da Leonardo.

Leonardo era un dirigente del Milan, è diventato allenatore del Milan, è entrato in incompatibilità con questo Milan, è ora fuori dal Milan.

C’è da chiedersi cos’abbia spinto Leonardo a lasciare un posto da dirigente per allenare. Soldi? No perché lo stipendio è rimasto pressoché identico nel passaggio da un ruolo all’altro. Ferma volontà di affermarsi come allenatore? Non credo proprio visto che ha sempre detto che non considerava seriamente questa strada nel suo futuro. Riconoscenza verso il Milan, voglia di dare una mano in un momento di difficoltà, curiosità di mettersi comunque alla prova in vesti diverse? Può essere un insieme di questi elementi. Convinto “fraudolentemente” dall’illustrazione di un progetto elaborato a sua misura? Probabile, la sua buona fede risulta dalla storia di questa stagione. A questo punto a luglio, agosto e settembre poteva sorgere spontanea una domanda consequenziale, come in effetti è accaduto: è il classico aziendalista-traghettatore che una poltrona comunque non la vuole perdere accettando la panchina con la sicurezza in caso di fallimento di tornare ad una scrivania in via Turati ovvero è un uomo indipendente, non-servo-del-denaro, che non tornerà più indietro sui suoi passi e raggiunto l’obiettivo di aiutare degli amici (ed essere tradito dagli stessi) se ne andrà?

La risposta l’aveva già data tra ottobre e novembre durante una conferenza stampa pre-partita, la conferma l’abbiamo avuta sabato scorso: Leonardo è un uomo che ha perso la fiducia in coloro (rectius in colui) che reputava più di semplici datori di lavoro, erano appunto amici per lui, una stretta di mano, una parola data, e via. Io credo che questa fiducia abbia cominciato a venire meno già dall’estate della non-campagna acquisti, credo che qualcosa di veramente grosso ed irreparabile nel rapporto Leonardo-Berlusconi sia successo in quel G3-pagliacciata di agosto, lì il tecnico brasiliano ha presentato il primo coraggioso e perentorio conto sul banco delle mancate promesse. Quando credi nelle persone ti capita spesso di vedere le cose non per quello che sono, ma già per quello che ti hanno detto saranno. Leonardo non credeva di essere il paravento di un fantomatico Milan 5 mai partito, certamente non immaginava acquisti per cento milioni di euro ma sicuramente in Cissokho-Hernanes-Luis Fabiano, tanto per fare tre nomi, credeva. E ci credeva perché altrimenti non avrebbe accettato di calarsi in un lavoro già nuovo per lui e in più senza la possibilità di avere in mano delle risorse umane in grado almeno parzialmente di venire incontro alle sue idee. Leonardo è un uomo che capisce quale sia il limite fra un favore e un rischio troppo azzardato, un rischio non tanto per lui, poco interessato alla carriera da Mister, quanto per la squadra che ama: volere bene al Milan significa anche essere consapevoli di quale sia ex ante la mansione per mezzo della quale gli si può essere più utili. In altre parole: Leonardo non avrebbe mai accettato di passare dalla scrivania alla panchina se non gli avessero promesso i tre acquisti da lui richiesti ed un progetto almeno biennale impostato su di lui, con un reale interesse a sposare il suo credo tattico attraverso un mercato almeno accettabile e non impostato solo sul ma-vediamo-chi-c’è-a-prezzo-di-saldi-con-un-minimo-di-nomignolo-internazionale-per-fessi.

A questo punto, direte giustamente voi, Leonardo avrebbe potuto dimettersi in quel famoso G3 o comunque al 31 agosto col non-mercato. Al di là delle voci più o meno cazzare che dicono esserci state quelle dimissioni si tratta di un’argomentazione più buona a vincere qualche confronto dialettico ai limiti del raziocinio che realmente e concretamente sostenibile. Per tutti i motivi che ho infatti elencato (riconoscenza, amore per i colori rossoneri, orgoglio personale,…) Leonardo non poteva lasciare il Milan senza allenatore a due settimane dall’inizio della Serie A, non poteva e non l’ha fatto. Diciamo che lo strumento che hanno usato con lui è un po’ quello che stanno usando con noi: il “Ti abbiamo dato tanto in tredici anni ora accetta che tiriamo la corda e che ti prendiamo in giro, ce lo devi” suona quasi come “Vi abbiamo fatto vincere per più di vent’anni, ora non rompeteci il cazzo e sopportate che ve ne si faccia di tutti i colori, ce lo dovete”. Il giochino del do ut des è il medesimo.

Allora è chiaro come Leonardo si sia trovato impreparato nei primi due mesi di campionato: aveva una squadra non come l’aveva pensata, non era certo potesse esprimersi col suo sistema di gioco, ha optato per l’usato sicuro ancelottiano, avremmo fatto lo stesso. Com’è andata poi da Milan-Roma lo sapete meglio di me, si è giocato tutto con le sue idee ma con una rosa che non poteva sostenerle a lungo, troppo dispendioso quel gioco ma troppo alto il rischio di ritornare sterili con moduli più ortodossi. Una coperta corta che non poteva reggere e che infatti non ha retto. Non ha retto perché il vertice alto nel 4-2-1-3 solo Seedorf lo può fare nel Milan attuale e l’olandese è uscito di scena a fine 2009 tranne Chievo e Cagliari. Non ha retto perché Pirlo fa cagare il cazzo nonostante la stampa italiana gli dia 6 da minimo assicurato e gli ritagli una serie di stereotipi-pregi ribaditi ad occhi chiusi ogni volta. Non ha retto perché Flamini, purtroppo, non vale nemmeno questo Ambrosini sfiancato gli ultimi due mesi e perché Gattuso faticherebbe ad essere titolare in Lega Pro con lo Spezia. Non ha retto perché gli infortunati Nesta e Pato non avevano cambi non solo all’altezza ma nemmeno lontanamente paragonabili. Non ha retto perché alla lunga di tutta la quantità di terzini che abbiamo si è salvato il solo Antonini, un fenomeno se paragonato a Jankulovski, un giocatore di calcio in piena salute se paragonato a Zambrotta, un buon giocatore se paragonato a Piede Quadro Abate o Oddo quello di Marsiglia-Milan. Ma come ho detto, queste cose le sapete bene.

Ora, immaginiamo in questo contesto che abbiamo appena descritto che succeda quello che effettivamente è successo, e cioè che il tipo di cui al “dài Leo allena tu il Milan che partiamo con un nuovo progetto, non grandi spese ma quei due o tre giocatori te li garantisco, credo in te, credo che tu possa far partire un nuovo ciclo,…” si metta a non comprare un cazzo di nessuno e sacramenti pure per un olandesotto sgradito preso a rate, e che poi quello stesso tipo cambi registro e diventi quello del “se solo Leonardo li facesse giocare bene questi ventinove campioni ineguagliabili, è proprio un testone che tiene Ronaldinho lontano dalla porta, ah se solo allenassi io,…”. Quale poteva essere la reazione del tecnico brasiliano? Testa bassa e schiena piegata senza ribattere al tipo in questione andando avanti per un altro anno e garantendosi uno stipendio ad Silvii mortem nel Milan oppure testa alta e schiena dritta a ricacciare al mittente quelle idiozie intrise di scarica-barile con successivo “tanti saluti che a farmi prendere per il culo io non ci sono portato e a leccare le natiche dei buffoni nemmeno”. Sappiamo che è andata nel secondo modo e lo sappiamo ora ma non lo dimenticheremo mai. Sappiamo che verrà raccontata un’altra realtà, una realtà fatta di un Leonardo pagato cifre di molto superiori al suo stipendio da dirigente per fare l’allenatore, di un Leonardo mai davvero convinto della sua scelta che non appena ne ha avuta l’occasione si è dimesso perché già certo di un posto nel Brasile o da tecnico o da altro, di un Leonardo bravo solo a perdere derby e a cancellare il ricordo della partita perfetta col Manchester nel 2007. Appena dovesse accettare una qualche altra opportunità lavorativa sarà dipinto come un mercenario senza scrupoli. Ci diranno della moglie e dei figli in Brasile da raggiungere e di come la squadra abbia perso lo Scudetto dopo Milan-Napoli perché si è dimenticato di utilizzare alcuni fantastici giocatori come Kaladze o Jankulovski. Ci diranno questo e tanto altro ma noi non dimenticheremo mai com’è andata invece, non dimenticheremo mai l’eredità lasciataci da quest’uomo. Non dimenticheremo che è un uomo, non un ominicchio, non un pigliainculo, non un quaquaraquà, ma un uomo.

Quest’eredità dell’uomo Leonardo è fatta di quei valori come fiducia e sincerità, lealtà e dignità, che non sembrano più albergare né nel Milan, né nel rapporto fra chi il Milan ha e chi il Milan lo tifa. Lo stesso distacco che s’è compiuto lungo questa stagione, fra Leonardo e chi ha il Milan, vive e si alimenta di continuo fra chi del Milan-ultimi-resti se ne serve e chi il Milan lo ama. L’addio reale di Leonardo a questo Milan è lo stesso addio che virtualmente noi abbiamo compiuto dentro di noi verso chi ci ha tradito, che poi è lo stesso che ha tradito il brasiliano. Il suo percorso è il nostro. L’abito che hanno cucito per noi non ci va più di indossarlo, e non perché non sia di stoffa preziosa bensì perché il sarto ce la continua a spacciare per preziosa quella stoffa oltre ogni ragionevole decenza e se viene male è sempre colpa dell’ultimo apprendista. La tiritera è giunta ormai così nitida ai nostri occhi e così riconoscibile alle nostre orecchie da porci in uno stato di nausea rassegnata. Questa enorme marea di continue scuse, di continue balle, di continui artifizi dialettici, di squallidi rinfacciamenti,… è da questo che Leonardo se n’è andato. Noi questa sequela ce la dovremo ancora sorbire non sappiamo fino a quando, magari arriveremo al punto di guardarci solo le partite senza telecronaca avendo cura al triplice fischio di allontanarci da tutto, ché l’amore per i colori rossoneri nulla lo potrà scalfire; noi però dobbiamo affrontare tutto questo alla maniera di Leonardo, salutando le cose che non ci piacciono… con la stessa ferma fierezza, è qui che si nasconde la sua vera eredità, che non è solo un Ronaldinho rigenerato o un Pato tornante destro, ma molto di più.