9 6 minuti 4 anni

Ho letto Fragile, autobiografia di Marco Van Basten, scritta in collaborazione con un tale di nome Edwin Schoon. Confesso che ne avevo piene le tasche di questo genere di letture; mi ero ripromesso di smetterla, specialmente dopo essermi sorbito le irritanti facezie letterarie di Andrea Pirlo. Tuttavia credo sia inutile spiegare perché, stavolta, abbia fatto un’eccezione.

Fragile è stato una mezza delusione. Per motivi differenti rispetto a quelli che mi spinsero a bocciare Penso quindi gioco di Pirlo. Marco, a differenza del gobbo ingrato, ha raccontato la storia della propria vita senza peli sulla lingua, senza sfottere chi ha contribuito a renderlo ciò che è stato, con estrema durezza in alcuni casi ma sempre concedendo diverse attenuanti a coloro con i quali ha avuto qualche screzio. Ponendosi spesso il dubbio di avere avuto un pizzico di torto anch’egli, in qualche frangente. E soprattutto ribadendo a più riprese il proprio amore per il Milan, per San Siro, per il popolo rossonero. Una distanza siderale dal neo allenatore della primavera gobba.

A proposito di San Siro Marco ha scritto: “E’ sempre in quel periodo (1991-1992) che ho iniziato a considerare San Siro come se fosse davvero casa mia. Era una sensazione fortissima, mi sentivo nel mio territorio di caccia. I pomeriggi avevano sempre un sapore un po’ speciale quando facevo gol lì. L’ansia spariva e sul campo mi sentivo totalmente libero. Allora giocare a San Siro era un po’ come danzare. La cosa strana è che la sensazione che San Siro fosse mio ce l’ho avuta addosso per anni, anche quando quel periodo era finito. Anche dopo il ritiro, quando mi capitava di tornare a Milano. E’ sfumata molto lentamente, con il passare degli anni.”

Da brividi. Ed è soltanto un esempio fra tanti. Non è mancato mai, nel libro, un pensiero carino nei nostri confronti. Ma allora cos’è che non mi ha convinto?

Di preciso non saprei. Si tratta di un insieme di cose. Probabilmente mi aspettavo chissà quali mirabolanti rivelazioni. Trattandosi di Lui, d’altronde, è comprensibile, essendo il mio numero uno fra gli attaccanti milanisti che ho visto giocare. E poi c’è quella maledetta caviglia. Secondo me ha occupato troppo spazio: comprendo che quell’articolazione ballerina sia stata un vero calvario per Marco, e il fatto che essa gli abbia precluso uno straordinario proseguimento di carriera e privato noi prematuramente del più forte centravanti di sempre avrebbe certamente meritato ampio spazio, ma ampio è un conto, esagerato un altro. Non so, magari è colpa mia: forse ho odiato talmente tanto quel periodo di altalena fra  l’ipotesi di un possibile rientro e quella del temutissimo ritiro poi verificatosi, che rivivere le sofferenze “da dentro” del grande fuoriclasse deve avermi infastidito oltre misura.  Anche il periodo dei primi passi nel mondo del pallone, le esperienze nei settori giovanili mi hanno interessato poco, ma anche questo potrebbe essere stato un mio limite, forse generato dall’impazienza di giungere al periodo che più  attendevo, quello rossonero. E pure il fatto che di tale periodo mi sarei aspettato uno spazio più ampio e una maggior dovizia di particolari, deve avere contribuito enormemente a fare sì che questo libro non mi abbia soddisfatto appieno.  Sono state di più le parti che ho trovato noiose rispetto a quelle interessanti, tutto sommato.

Ciò non significa che le parti interessanti non ci siano state.

La tragica morte dell’amico, sprofondato in un lago ghiacciato sotto i suoi occhi quando aveva appena sette anni. Il rapporto con il padre, gelido nella vita di tutti i giorni, caldo quando fra loro irrompeva la passione comune per il calcio. Il tiepido rapporto con i fratelli, un po’ gelosi delle attenzioni del padre verso il promettente campioncino. L’ictus della madre, un racconto doloroso e commovente. La venerazione per Cruijff, quella per Berlusconi. I guai col fisco, sia italiano sia olandese (a venerare berlusca poi si assorbono anche i difettucci, è scontato). Gli scazzi con Boban, all’epoca in cui entrambi lavoravano assieme per la FIFA. Quelli con lo stesso Cruijff. E con Sacchi.

Ecco, le parti  riguardanti Arrigo sono forse quelle più interessanti: la conferma di ciò che si diceva all’epoca e che Sacchi aveva sempre smentito, cioè il suo aut aut a Berlusconi, “O Van Basten, o io”;  la frase, altrettanto brutta, che Marco sputò in faccia ad Arrigo negli spogliatoi, “Non abbiamo vinto grazie a te, abbiamo vinto malgrado te”. Non mi è piaciuto granché ciò che Marco ha scritto di Sacchi; nulla di  brutalmente offensivo, beninteso, ma il tentativo strisciante di sminuire gli indubbi meriti del romagnolo sull’innesco del primo grande ciclo berlusconiano mi è sembrato ingeneroso, sebbene io non sia affatto un fan sacchiano e abbia sempre trovata esagerata la mitizzazione costruita negli anni per questo allenatore. Non è un tipo facile Marco, lo si sapeva, nel libro egli lo ha ammesso apertamente e talvolta quasi se ne è scusato, abbozzando alla fine anche qualche buona parola per il vecchio Mister; ma bisogna dirlo, in quest’ultimo caso è stato poco convincente.

Un libro che si può leggere, sia chiaro. L’importante è non commettere il mio errore: aspettarsi troppo. 

9 commenti su “Fragile

  1. bravo Marcovan, interessante spunto.
    Per tornare a qualche argomento dell’altro post, devo dire che pure io preferivo Capello. Le ragioni le avete già scritte e le condivido.
    Certamente per MVB il trauma della caviglia deve essere stato pesante, sia perché ha messo fine alla sua carriera anche se così ne ha esaltato di più il mito, bisogna ammetterlo, sia perché mi pare sia stata una sua scelta farsi operare, contro il parere di tutti.

  2. Sacchi è l’innamoramento abbagliante, la passione violenta, l’ardore, il godimento e l’estasi. Capello è raggiungimento di una completezza, la maturità, il pieno gusto di un amore diversificato ed appagante.
    In una visione erotico-amorosa, secondo me questa è la differenza tra i due mister e del loro prodotto calcistico.
    Van Basten e Sacchi nei loro ruoli sono stati due geni, qualcosa di unico, che per forza di cose non avrebbero mai potuto coesistere.
    Se devo scegliere faccio sinceramente fatica perché sono due momenti diversi, conseguenti e complementari. Probabilmente senza l’uno non esisterebbe l’altro. Secondo quello che ho appena detto però Capello non rientra tra i geni.
    Certo che non so se è culo (la vita ci insegna che l’intuito non lo è), ma allora tra Silvio e Adriano non ne sbagliavano una. Va beh… poi c’è stata anche Marsiglia, ma l’eccezione…

  3. Io ho buttato il sasso ma devo nascondere la mano: sono a metà e lo riprenderò in mano questo week end.
    Per ora è un libro interessante ma che non approfondisce gli eventi.

    D’altro canto ripercorre 56 anni di vita in 300 pagine a carattere medio grande…

    Io sono rimasto colpito da quanto i giocatori siano influenzabili dagli eventi esterni. Penso a quanti giocatori siano scesi in campo poco convinti perchè il mister di turno lo fa giocare un po’ più avanti, indietro, a destra o sinistra e invece il Guru, nel caso di VB Cruijff, piuttosto che il procuratore o qualche altra persona di tua fiducia, ti mette in guardia da certe scelte.

    In questo senso abbino la riflessione ai nostri giocatori attuali, a volte giovanissimi, quando erano privi di una guida autorevole o quando la guida autorevole sono due pipponi che arrivano da una formazione a cui tutto è concesso e sono i primi a non avere punti di riferimento. ( ogni riferimento a giocatori come Panzero e Bhonucci sono casuali)

    Mi ha sorpreso che, di fatto, tutta la carriera da ajax al ritiro, sia stata giocata con una caviglia dissestata, quando non tutte e due.

    Capello-Sacchi…. Sacchi è stato il sole quando si esce dalla miniera, accecante.
    Capello un gestore.

    Io non sono un loro grandissimo estimatore, ma dei velvet underground & Nico, girava questa frase: il disco ha venduto 200 copie, ma tutti quelli che l’hanno comprato sono diventati musicisti.
    Io credo che Sacchi è stato grande solo 3 anni ( in club) ma ha fatto la storia del calcio.

  4. OT.
    Non pensavo di godere così prematuramente dell’uscita dei gabbi da quello, solo quello, che conta. È vero che la classifica del dopo lockdown diceva che i ladri erano sesti (come noi) per il rotto della cuffia, è vero che le ultime tre partite che li abbiamo incontrati (2 coppa e 1 campionato) ci avevano detto che avevamo giocato alla pari, ma non ci speravo lo stesso.
    Squadra finita. Allenatore mai iniziato. Prosopopea che lì ha portati a pensare di essere invincibili, intoccabili ed eterni. Adesso sono davanti a una piccola (?) rivoluzione anche loro e non sarà indolore.
    Il prossimo anno, dopo tanto tempo, il campionato sarà da giocare. Lo sano bene in molti e noi abbiamo messo su una base sulla quale si può costruire. Non è presunzione. Siamo giovani, abbiamo trovato una condizione atletica ottima e abbiamo scoperto che se la macchina gira ci sono anche buone qualità tecniche, abbiamo scoperto di avere una coscienza da squadra. Il signor Singer vuole riportare in alto il Milan per ridargli valore? Questo è il momento.

    Questa mattina ho letto l’editoriale di Sconcerti e mi sono venuti gli sforzi di stomaco.

  5. Bonjour à tout le monde!

    Ho letto anche io l’editoriale di Sconcerti e anche a me ha provocato problemi all’apparato digerente. Non mi sembra che le vittorie della Juventus siano in condivisione con le altre squadre (anzi, talvolta se ne inventano di loro, come nel caso degli scudetti), quindi non vedo perché la sconfitta della Juve debba essere una sconfitta del calcio italiano.

    Spero che tengano Sarri, che in un anno ai bianconeri non è stato capace di dare nulla: si è visto per ultimo ieri sera che, in mancanza del guizzo del campione (e la Juve ne ha tanti, va detto, tra cui uno dei più grandi di tutti i tempi), nella migliore delle ipotesi produce possesso palla sterile.

    Si vedono anche i limiti del mercato che fa affidamento sui parametri zero (noi ne sappiamo qualcosa, ci siamo passati).

    Guardando più in là, non so se lo scudetto 2021 a questo punto sia diventato davvero più contendibile. Vedo però una rosa con giocatori con ricorrenti problemi fisici (Khedira, Douglas Costa), con giocatori deludenti o che non sono mai sbocciati (Bernardeschi, Rabiot, Rugani, De Sciglio – almeno un paio di questi sarebbero riserve addirittura nel nostro Milan da sesto posto), una sola prima punta di ruolo, non più adeguata da qualche anno a giocare a questi livelli e che ciononostante ha goduto di un trattamento di favore da parte della stampa (parlo di Higuain, autore quest’anno di 11 reti in 43 incontri ufficiali, mentre l’anno scorso tra Milan e Chelsea ne segnò 13 in 41 partite). Aggiungiamo che Szczesny non ha mai garantito le prestazioni del miglior Buffon di qualche anno fa, che Chiellini e Bonucci ormai hanno le loro primavere alle spalle (rispettivamente 35 e 33), che Demiral viene da un grave infortunio. Inoltre, quella della Juve è la rosa più anziana della Serie A, con quasi 30 anni di età in media.

    Intendiamoci: resta la squadra più forte d’Italia per distacco, forse con un altro allenatore e/o senza Covid-19 avrebbe reso di più in Italia (ammazzando prima il campionato) e in Europa (qualificandosi almeno ai quarti), e si sono già mossi per rinforzarsi e ringiovanirsi (Arthur, Kulusevski, Romero). Sono però curioso di vedere come gli Agnelli vogliano effettuare il salto di qualità. Hanno tentato l’all in con l’acquisto di Cristiano Ronaldo per far partire il rinnovamento dopo l’eventuale vittoria della Champions League, ora non solo questa non è arrivata, ma non ci sono nemmeno andati vicino negli ultimi due anni. Se non ci saranno grossi cambiamenti, allora vorrà dire che torneranno ad accontentarsi del campionato – un po’ poco, per chi dovrebbe rappresentare il calcio italiano in Europa, giusto Sconcerti?

  6. E’ un po’ un’abitudine di tutta la stampa sportiva italiana: le vittorie della Juventus appartengono soltanto alla Juventus, le sue sconfitte a tutto il calcio italiano. Una categoria composta per la maggioranza da servi, ormai è assodato. Sconcerti non mi è mai sembrato tale, se devo dire la verità; presuntuoso, saccente, meno esperto di quanto egli creda e di quanto lo dipingano i colleghi (anche lui, come molti, tira a indovinare), ma almeno coraggioso nell’esporre le proprie opinioni. Ultimamente si è accodato al resto del gregge. Boh, sarà l’età.

    Non so quali e quante colpe abbiano la società Juventus, Sarri, Paratici, i giocatori, e, francamente, me ne sbatto. Sono troppo impegnato a godere per pensarci. Spero soltanto che questo fin troppo lungo ciclo di scudetti sia terminato. E ho la sensazione che lo sia.

    Un’ultima considerazione. Sarri non mi è antipatico, né penso sia un allenatore scarso, tutt’altro. Però basta con questa esaltazione dei cosiddetti Maestri di calcio. Quante altre prove occorrono per capire che a determinati livelli si tratta di un titolo fasullo? Adesso ci stanno provando con De Zerbi, santo cielo…

  7. Sembra che sia il nostro EX-Andreino il nuovo mister dei gobbi.

    Mi sembra strano che puntino ad uno che non ha mai allenato… A prescindere per l’odio verso il nostro ex-giocatore, è una persona molto intelligente e su questo non ci piove.

    Comunque frega assai, a me interessa solo una cosa: che Arnault ci prenda e ci riporti a livelli competitivi.

  8. Pirlo(a) ai gobbi è ufficiale.
    Forse la delusione più grande della mia vita rossonera. Prima di lui avevo odiato profondamente Collovati, ma la Pirla lo ha superato in assoluto.
    Persona spregevole che se ha vinto tutto quello che ha vinto lo deve solo al Milan e a Carletto e che si è permesso di scrivere quelle cose ignobili e vigliacche nel suo libercolo .
    Gli posso augurare tutto il male possibile (calcisticamente s’intende).
    Avrò un bel motivo in più per odiare questa banda di delinquenti.

  9. Il paragone regge. Ma anche a me Pirlo sta sulle palle di più.

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