56 5 minuti 13 anni

L’allenatore sbaglia per definizione. Tale affermazione equivale ad un sostanziale dato di fatto. Se schiera Tizio perché lo ha schierato. Se sostituisce Caio perché lo sostituisce, doveva uscire Sempronio. Se esclude Pinco, doveva escludere Pallino. Se gioca con il 4-3-3, era meglio il 4-4-2. Se ordina di attaccare, bisognava difendersi. Se la squadra perde, doveva vincere. Se la squadra vince, si poteva giocare meglio.
 
A tutti i livelli, anche nell’élite dei milionari, il mestiere dell’allenatore è segnato dalla più alta percentuale di errore e insoddisfazione esistente nel mondo del lavoro. Se uno ci pensa è un fatto paradossale. L’incidenza di un allenatore sui risultati di una squadra concretamente non è mai superiore al 20-30%. Troppe sono le variabili in gioco, poche quelle che effettivamente comanda un allenatore.
 
Per quanti non lo sapessero, io alleno. Alleno per diletto e per passione. Problemi ad un ginocchio hanno interrotto anzitempo la mia “carriera” e dopo un po’ di gavetta, sono passato ad allenare la squadra “primavera” della mia società. Alleno ragazzi tra 17 e i 21 anni. Ragazzi che giocano solo per divertimento, che non guadagnano una lira e che hanno come massima ambizione giocare in Prima e/o Seconda Categoria. Se, invece, gli andrà benissimo in Promozione.
 
La mia è una squadra oggettivamente di medio livello, con buone individualità e molti giocatori modesti. Una squadra però arcigna e competitiva. Pur non avendo le potenzialità per vincere il campionato, siamo quinti (classifica corta!) avendo vinto 2 partite, pareggiate 4 e persa una. Nessuno ha grandi aspettative, si tratta solo di preparare questi ragazzi al salto di categoria (se di salto si può parlare!?!) e di farli rendere il meglio possibile. I risultati sono egregi, eppure dirigenti e genitori (i cosiddetti tifosi) riescono ad essere insoddisfatti sempre e comunque.
 
Il problema è che chi è fuori da uno spogliatoio, fuori dal campo di allenamento, non potrà MAI in nessun modo capire le dinamiche e la gestione di una squadra. Io subisco critiche a priori per scelte che non potrebbero essere diverse o per scelte che divengono comprensibili solo se vivi quotidianamente la squadra.
 
Ho un terzino molto bravo, veloce e tecnico. Dato il suo valore, tutti vorrebbero che giocasse più avanti, ala o esterno alto. Impossibile. Lui non vuole e se lo faccio giocare più avanti il suo rendimento cala del 60%. Ha bisogno di campo (60-70 m.) per fare la differenza. Provi a spiegarlo a chi ti segue, niente da fare. Solo preconcetti.
 
Il capitano gioca trequartista (per la cronaca io prediligo il 4-2-3-1 o il 4-3-1-2). E’ un giocatore strano, molto tecnico, ma spesso fuori partita o sottoritmo. Eppure gioca sempre e spesso 90 minuti. A molti non piace, a me non interessa. Mi garantisce equilibrio e una o due giocate decisive a partita. Troppo poche forse, ma a me basta così.
 
Gioco con un esterno offensivo basso e veloce, ma un disastro con i piedi. In pochi lo stimano, è oggettivamente mediocre, eppure per me è imprescindibile. Per il calcio che gioca la mia squadra è l’uomo giusto. Rapido, s’inserisce, non ha paura di nulla, copre e si sbatte. Sbaglia molto, ma quando ci prende siamo pericolosissimi.
 
Ho un ragazzo piuttosto bravo, gode del favore di molti. Non mio. Si allena poco (anche per colpe non sue), un po’ supponente e pensa di essere sempre decisivo. Morale, gioca di meno. Non esistono solo le regole del campo, esistono anche quelle dello spogliatoio.
 
Non sono esente da errori, ma per capire molte scelte bisogna vivere il calcio e la squadra dentro. Giudicare dalla poltrona è facile, ma non sempre ci si azzecca.
 
Difendevo Leonardo e difendo Allegri, per la stessa ragione per cui se fossi interista ora come ora difenderei Benitez. Non ho preconcetti. Ciò che non mi piace lo dico e lo contesto, ma con la consapevolezza che nulla è scelto per caso e diversi sono i fattori che indirizzano una scelta.

56 commenti su “IL MERCOLEDI’ DEL CAMISA

  1. No non lo esonereranno. Pare anzi che abbiano dato ad Allegri la massiama fiducia per stroncare il comitato e mettere fuori Dinho…

    Mamma mia DNA, ma credi proprio a tutto…

  2. Buongiorno…

    gran bel post.
    Conosco bene l'argomento perché seguo, come genitore, i miei figli da 15 anni, più o meno, nei loro campionati.

    Ora quello grande ha smesso di giocare per via del lavoro ma mi ha dato la soddisfazione di vederlo vincere il Campionato Regionale Juniores nel 2005. Il più piccolo gioca nei Giovanissimi 96.

    Quello che dici dell'atteggiamento dei genitori è verissimo.

    I genitori, oggi, tendono a voler sempre veder primeggiare il proprio figlio. Deve essere quello che non deve mai stare in panchina, deve giocare lui perché è più bravo. E l'allenatore, ovviamente, è un cretino!

    In più c'è un discorso mamme da fare che, secondo la mia esperienza, sono una delle principali cause di liti a bordocampo. Se il figlio subisce un fallo, chi l'ha commesso deve, come minimo, essere spellato vivo. Quindi scatta la reazione dei genitori avversari e volano parole grosse.

    Non ti invidio, ma se fai questa opera di educazione sportiva è perché hai una grande passione, che va ben oltre il piacere di insegnare calcio ai ragazzi. E per questo ti ammiro.

  3. Perché quell'header:

    Luigi Delneri nasce ad Aquileia (UD) il 23 agosto 1950.

    Le sue prime parole, di senso compiuto sono state "aiuola elicoidale".

    Quando si trovò nella necessità di dire "parterre straordinario" la sua capacità espressiva subì un mutamento irreversibile. Improvvisamente la consonante "r" si è trasformata in un limite invalicabile, per lui. Furono interpellati logopedisti di fama, ma nulla fu più come prima.

    Un repentino ed irreversibile avanzamento osseo della mandibola, con conseguente distacco delle labbra e difficoltà di chiusura della bocca, ne modificarono i tratti somatici.

    Raggiunta la pubertà, prese in seria considerazione la crescita dei baffi. Primariamente per creare uno spessore che contrastasse il mento pronunciato, ma anche per ridurre il vuoto tra le labbra che, ad ogni partita disputata con pioggia e temporale, provocava copiosi allagamenti nel cavo orale e, quindi, il rischio di annegamento anomalo.

    La necessità di aprire la bocca il meno possibile, lo ha portato a sviluppare un linguaggio particolarmente veloce e conciso.

    Spesso sintetizza le singole parole con la codifica del codice fiscale della stessa.

    Famoso e singolare è stato l'episodio che lo ha portato alla guida della Juve: transitando in auto a Torino, chiese ad un passante: "Per favore, la strada per andare a Superga". Il passante, era Andrea Agnelli, capì invece "Per favore, posso allenare la Signora". Riconosciuto Delneri, Agnelli lo portò in sede.

    Al disorientato Delneri fu offerto anche un bicchiere d'acqua ma lui, in modo gentile ma deciso, rifiutò. Ancora oggi Agnelli non sa spiegarsi il perché di quel rifiuto.

    (fonte Juvepedia, s.l.c.s.u.p.)

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