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Premetto che la partita di ieri, il cui esito era nell’aria sin dal fischio d’inizio, non c’entra con lo sfogo che seguirà. Che poi non è uno sfogo, ma l’inizio di quella “resa dei conti” da me annunciata qualche tempo fa in un post e rimandata a fine stagione. Una resa dei conti che, a malincuore, temo sarò costretto a protrarre per tutta la prossima estate e negli anni a venire. Sempre che non mi rompa le scatole prima e cominci a seguire il badminton, sport che fino ad oggi ho considerato di un  insulso che più insulso non si può.

La resa dei conti inizia con… noi stessi. In fondo la parte meno meritevole allorché le cose vanno bene, ma anche meno colpevole quando esse vanno male. Noi stessi, i cacciaviti. Anzi, per essere precisi una parte di noi cacciaviti, quella parte per cui ho coniato il seguente neologismo: i Giappocacciaviti.

Un neologismo che va spiegato: c’è una parte di noi che  mi ricorda tanto quei soldati giapponesi che – abbandonati in qualche isolotto del Pacifico – proseguirono per i cazzi loro la Seconda Guerra Mondiale non essendo stati avvisati della sua cessazione avvenuta anni e anni prima. Francamente ignoro quali fossero i mezzi che questi ostinati figli di un Imperatore usavano per proseguire il conflitto. Boh, magari sparavano qualche colpo di moschetto contro navi di passaggio distanti chilometri e chilometri oppure contro qualche jet di linea che manco se ne accorgeva. E una volta esaurite le munizioni, forse lanciavano pietre o sputavano; ma insomma, basta così, l’origine del neologismo penso sia stata sufficientemente enucleata.

Vediamo quindi che fanno di preciso i protagonisti di questo post, cioè i Giappocacciaviti.

 I Giappocacciaviti sono quelli che continuano a credere e sostenere imbelviti che l’astuta Società-Milan, allorché giungerà l’imminente fair-play finanziario, farà il culo a quegli spendaccioni di avversari (Inter in primis); i Giappocacciaviti sono quelli che continuano a credere e sostenere – sempre imbelviti –  che la colpa dell’immobilismo di questi anni sia dovuto a tutto (ogni giorno viene inventata una nuova fiaba per cui m’astengo dall’elenco della lavandaia) fuorché ad una proprietà assente, indifferente, disinformata (e di conseguenza incompetente); i Giappocacciaviti sono quelli che vogliono farti sentire una merda sproloquiando di riconoscenza  ogni qualvolta ti scappi una lamentela; i Giappocacciaviti sono quelli che si cacciano gli indici nelle orecchie e – scuotendo violentemente il capo –  emettono versi insensati per non udire quando si fa loro notare che è vagamente grottesco che uno degli uomini più ricchi e potenti d’Europa, di fatto proprietario di una delle aziende più ricche e potenti d’Europa e di una delle società sportive che  produce uno dei fatturati più elevati del mondo, pianga miseria ad ogni intervista riguardante la situazione della suddetta società sportiva;  infine, i Giappocacciaviti sono quelli che si arrogano il diritto di rilasciare la patente da “vero milanista”. E in genere si tratta di esaminatori molto, molto severi.