Campionato 1985/’86. C’era una Juve che aveva condotto la classifica agevolmente sin dalle prime giornate, e c’era una Roma che all’inizio aveva stentato ad ingranare, ritrovandosi in breve tempo con otto punti di ritardo dalla capolista. Che erano un fiume se si considera la brevità del torneo a sedici squadre ed i due punticini assegnati allora per la vittoria. La Roma era guidata da Sven Goran Ericksson, giovane tecnico svedese con precedenti esperienze nel Benfica e nel Göteborg.  Sven l’anno prima aveva sostituito il compatriota Nils Liedholm adottandone lo stesso gioco a zona, con un’interpretazione tuttavia un po’ diversa, assai meno compassata e lenta rispetto a quella del predecessore.

I giocatori della Roma, fior di campioni, impiegarono una stagione ed un intero girone ad assimilare le novità imposte da Sven, ma, allorché ebbero ingranato, iniziarono una strepitosa rimonta che li portò ad agganciare i bianconeri proprio alla terzultima giornata. Sembrava fatta. C’era insomma una squadra in grandissima forma appaiata ad un’altra che, da qualche giornata, anche perché sfiancata ed innervosita dal prepotente ritorno dell’antagonista, sembrava a pezzi sia fisicamente sia mentalmente. L’inerzia era tutta giallorossa, senza ombra di dubbio. Noi non-gobbi, totalmente posseduti dal demone dello sfottò, avevamo avambracci intorpiditi ed arrossati e ci portavamo appresso un osceno ma gradevole priapismo; i gobbi, dal canto loro, vomitavano bile ad ogni punto recuperato dalla Roma,  incattiviti e acidi come sanno essere tutte volte che un avversario agguerrito osa frapporsi fra loro e ciò che arrogantemente ritengono spetti loro di diritto.

Il Lecce 1985/'86

Poi accadde l’incredibile: il Lecce, una squadra di pipponi già retrocessi, sbancò l’Olimpico vincendo 3 a 2 alla penultima giornata, dopo essere addirittura passato in svantaggio. La Juve, ironia della sorte, sconfisse proprio il Milan per 1 a 0, riprese coraggio e morale e andò a conquistare lo scudo vincendo la partita successiva proprio a Lecce con un beffardo 3 a 2; nel frattempo la Roma, sbriciolata nel morale e svuotata nelle forze, perse 1 a 0 a Como. Gobbi in visibilio, clacson ad echeggiare per tutta la Penisola, orrende sciarpe zebrate ad imbrattare le città, tuffi nelle fontane, litri e litri di veleno sputato in faccia a noi non-gobbi. E noi non-gobbi a capo chino, col morale sotto i tacchi, tacendo, oppure tentando di abbozzare il tradizionale “Ladri” ma con poca convinzione, più che altro per abitudine. Non esagero affermando che fu una delusione di poco inferiore alla ‘Fatal Verona” o alla tragica notte di Istanbul. Non esagero affatto.

Il calcio sarà pure bellissimo, però sa essere stronzo come pochi altri sport; anzi, credo sia il più stronzo di tutti gli sport concepiti dalla mente umana. Quindi, nel calcio,  tutto ciò che sembra scontato può ribaltarsi per un nonnulla. Chissà…