Zlatan
è nato per dividere.  Ha diviso i cugini ed i gobbi in passato, specie dopo  l'abbandono (i tifosi restano dei sentimentaloni, anche in questo glaciale calcio moderno). Tutti lì a discutere se il personaggio fosse un professionista a tutto tondo oppure un mercenario. Ignoro se Ibra abbia diviso i supporters lancieri e culé, ma suppongo di sì. Figuriamoci quindi se egli non  divide anche il popolo dei cacciaviti moderni, quelli dell'era berlusca, quelli già di per sè divisi fra loro dall'ingombrante personalità del proprietario, il personaggio più controverso della storia italiana delle ultime due decadi. Alcuni cacciaviti hanno già deciso che  Ibrahimovic è una merda a prescindere, mentre altri ritengono che può essere ciò che vuole e chi se ne frega, basta che li faccia vincere. Due posizioni inconciliabili, che ci accompagneranno per tutta la stagione ed oltre, quand'anche il campione svedese segnasse una valanga di gol rossoneri, quand'anche vincessimo l'impossibile.

Si sa come la penso, io sono uno di quelli che "chi se ne frega." La partita di ieri spiega più di mille parole quanta differenza faccia la presenza di un fuoriclasse al posto di un attaccante soltanto buono (Borriello).

La gara si stava mettendo male, ammettiamolo: un Auxerre chiuso come non piace a noi, pronto a ripartire e a farci male (e per pochissimo non ce ne ha fatto sullo zero a zero) (per dire, se c'era Giaccherini eravamo fottuti); una partita rognosa contro un avversario ostico seppur, ad occhio e croce, scarsetto; infortuni a catena di uomini importanti, uno per reparto;  solita manovra lenta che non porta da nessuna parte, in un 4-3-casino che, insomma, pare la brutta copia del 4-2-fantasia di leonardiana memoria.

Poi accade qualcosa d'imprevisto: al posto degli infortunati entrano Boateng e Binho; il primo aumenta spinta e corsa in mezzo al campo, e mette in mostra piedi di tutto rispetto,  il secondo mette ordine (sembra un ossimoro ma è così) in un attacco i cui uomini sino a quel momento si erano pestati continuamente i piedi. Crescono un pò tutti e soprattutto cresce Dinho, tuttavia, nonostante la manovra giovi di questa nuova situazione, la gara resta difficile, anche perché il tempo passa e il nulla di fatto permane.

E allora ci pensa lui, quello che in allenamento tratta Strasser come un sacco da Kick-boxing senza ragione apparente, e  che nel dopo partita intima all'icona milanista Arighe di farsi i cazzi suoi; ci pensa Ibra, l'irriverente, l'ex-gobbo, l'ex-piangina, lo zingaro, il mercenario, colui che è nato per dividere. Una zampata delle sue scaturendo dal nulla, da una zolla in mezzo all'area tipo l'Aldo Baglio che schizza dalla sabbia in Tre Uomini E Una Gamba. E, come se non bastasse, tre minuti dopo, un colpo da biliardo ad uccellare il portiere francese inutilmente protratto verso un beffardo pallone che non raggiungerà mai. Due a zero e (non) tutti contenti, anche se la squadra ha fatto lacrimare per gran parte della gara.

Questo è Zlatan Ibrahimovic, prendere o lasciare. Io, come detto, prendo.